I PRIGIONIERI "NON" DI HEREFORD (TEXAS)



LA BARACCA CAPPELLA DEL COMPOUND 4
A.B.
 
 
    Con la "Landmark Distinction", cioè il riconoscimento da parte dello Stato del Texas di "monumento storico", la cappella costruita - nel 1945 - a Hereford dai PoW italiani - anche per merito della giovane scrittrice ferrarese Alessandra Visser che in un prezioso libretto ne ha narrato la storia è molto conosciuta non soltanto in Italia. I prigionieri rinchiusi dietro il reticolato texano però per le funzioni religiose non potevano utilizzare la cappella, che era stata eretta nel piccolo cimitero dove riposavano le salme dei PoW morti in cattività. Per le funzioni religiose, soprattutto per la celebrazione della Santa Messa domenicale, i PoW del compound 4, cioè gli ufficiali prigionieri, avevano adattato a cappella una delle baracche del campo. Era una delle baracche collettive, diciamo così, cioè simile a quelle destinate ai soldati negli altri tre compound del campo di Hereford, cioè una baracca senza la divisione in box.
    Di questa baracca-cappella tentiamo oggi una ricostruzione soprattutto utilizzando un ricordo opera del caro amico Vittorio Mangano, un NON herefordiano allora tenente di cavalleria e mancato giusto un anno fa - il 18 febbraio - a Pinerolo, dove risiedeva con la moglie.
    Nel giugno 1986, facendo ricorso alla sua memoria, Vittorio realizzò il disegno che qui riproduciamo arricchendo lo stesso con le indicazioni che ci consentono di avere un'idea meno approssimativa della baracca-cappella, e che oggi costituisce il solo documento sull'argomento.
    Il disegno riproduce l'altare con gli arricchimenti ad opera degli stessi PoW, che avevano realizzato quel che suggeriva la loro fantasia e permettevano i pochissimi mezzi di cui disponevano.
    L'altare era stato realizzato in legno adattando qualche lunga tavola avanzata dai lavori di pavimentazione delle baracche. L'altare era stato dipinto di bianco e ocra chiaro, tabernacolo e candelabri erano stati portati in campo da padre James Salvi, il fraticello che - aiutando padre Ferreri, capitano cappellano degli americani - celebrava la Santa Messa domenicale. La zoccolatura era alta più di un metro ed era stata ottenuta, come detto, con tavole in legno. La parte anteriore dell'altare era stato decorato con un bassorilievo in creta, dipinto color verde bronzo antico, opera del sottotenente Rinaldi (di Rimini), rappresentante un Cristo deposto dalla croce. I lavori di carpenteria e falegnameria erano stati realizzati dal cremonese capitano Vacchelli mentre di altre rifiniture erano invece autori i sottotenenti Di Marco e Di Cola, entrambi abruzzesi. Colorazioni a tinte varie a tempera erano dello stesso messinese tenente Mangano e del pittore veneziano, allora già di buon nome, sottotenente Scattolin.
    Opera del già affermato pittore genovese capitano Dino Gambetti, dei citati Mangano e Scattolin e di altri pittori del campo i piccoli quadri rappresentanti la "via crucis", appesi alle pareti della baracca-cappella, pareti rifinite con il lavoro di diversi PoW che avevano anche decorato i vetri delle finestre. "Il mio quadro - ebbe a ricordarci un giorno l'antico Mangano - rappresentava il Calvario con le tre croci in controluce con il tramonto texano”. Le pareti erano rivestite con pannelli di cartone chiaro ocra, l'entrata della baracca-cappella dava sullo stradone centrale del compound, altra porta era nella parte posteriore ma restava sempre chiusa.
    La Santa Messa, s'è detto, veniva celebrata da padre James Salvi dopo che i nostri cappellani erano stati distribuiti nei campi delle Hawaii e degli altri States. Assisteva il celebrante quasi sempre il piemontese sottotenente Piero Fornaro, che curava anche la manutenzione della baracca-cappella.
    Del NON Vittorio Mangano sono anche altri preziosi documenti herefordiani tra cui cinque dipinti realizzati quasi tutti nel luglio 1945 riproducenti fedelmente panoramiche e particolari del campo e soprattutto particolari degli interni delle baracche stesse di cui pubblichiamo ~ purtroppo in bianco e nero il che riduce inevitabilmente il valore del documento - un paio di riproduzioni che provano l'importanza della testimonianza.
 
 
VOLONTA’ N. 2. Febbraio 1995. (Indirizzo e telefono: vedi PERIODICI)

SUI NON DI HEREFORD CONFERENZE IN TEXAS
 
 
    Segretaria generale della texana Castro County Historical Commission, Clara Vick, è stata la vera realizzatrice dell'iniziativa che ha portato al restauro della Cappella dei PoW di Hereford. Un’azione che oggi continua non soltanto con una regolare manutenzione della stessa, ma anche con un'opera di divulgazione per far conoscere agli americani chi erano i PoW italiani.
    Un'opera che si realizza concedendo interviste ai giornali e alle televisioni, accompagnando le visite di scolaresche e di comitive turistiche sia alla Cappella di Hereford, sia alla Chiesa di Umbarger arricchita dalle opere degli artisti che erano tra i PoW herefordiani, sia al Museo di Dimmitt che ai NON ha dedicato un'intera sezione e, ancora, tenendo conferenze nelle più disparate località.
    "Ho appena tenuto «three thalks» - ci ha comunicato qualche settimana fa Clara Vick - in altrettante differenti località, invitata da organizzazioni culturali. Tre conferenze sulla Cappella del campo di Hereford e sugli ex PoW, spiegando all'uditorio chi veramente erano i prigionieri italiani e quali sono le basi della sincera lealtà che ha originato l'amicizia che oggi lega gli ex PoW ai texani".
    "Tutti - ha proseguito la comunicazione di Clara Vick - rimangono impressionati da questa storia, che sembra quasi inverosimile perché sino a otto o nove anni fa texani ed ex PoW si ignoravano e forse, per ragioni opposte, non si stimavano. Sempre mi si chiede come possa essere accaduto ciò ed ecco perché le mie conferenze suscitano tanta attenzione e ottengono tanto successo.
 Confesso che ciò che mi impressiona di più durante queste conferenze, oltre alla inevitabile sorpresa che manifesta l'uditorio, è l'educazione che si accompagna alla curiosità, così che alla fine mi vengono rivolte tante interessanti domande sull'argomento".
    "Sono le scuole e le chiese - precisa la comunicazione di Clara Vick - a chiedere le mie conferenze perché un po’ tutti, cioè giovani e anziani, vogliono sapere ed è come un tam-tam che si diffonde perché chi non conosce la storia desidera ascoltarla. Così, piano piano, sto divulgando la storia dei prigionieri di guerra e particolarmente quella dei NON, evidenziandone il comportamento di uomini e soldati leali, fedeli alla loro Patria e alla parola data. Per quanti mi ascoltano e per tutti è sempre una specie di rivelazione".
    "Molte delle organizzazioni o dei club che mi chiamano a tenere queste conferenze - aggiunge la nota di Clara Vick - dicono che 25 dollari che servono a coprire le spese vive per la trasferta sono pochi per cui sarebbero disposti anche a versare cifre superiori. Io però dico loro che il mio tempo non costa nulla e le mie spese sono minime, e se vogliono proprio fare qualcosa possono versare dei contributi per la Cappella, ciò che quasi tutti fanno. Spesso, dopo la conferenza, mi chiedono come fare per visitare la Cappella di Hereford, la Chiesa di Umbarger e il Museo di Dimmitt ed io suggerisco loro di organizzarsi per il sabato o il pomeriggio della domenica, cioè quando ho più tempo da dedicare ai visitatori perché cosi posso parlare ancora di voi, delle vostre famiglie, della vostra vita, dei vostri sentimenti, dei vostro Paese, della bella Italia di cui ogni anno conosco una nuova parte e soprattutto posso parlare dell'amicizia che s'è stabilita tra noi e voi, il rispetto, la stima, l'ammirazione reciproca che ritengo dovrebbero servire come esempio per tutti, per l'intero mondo purtroppo sempre martoriato da guerre fratricide e inutili, risultato di invidie e di egoismi criminali".
 
 
VOLONTA’ N. 11. Novembre 1994. (Indirizzo e telefono: vedi PERIODICI)      
GRAND HOTEL HEREFORD
 Fabio Andriola
 
 
    E il più famoso lager per soldati italiani nella seconda guerra mondiale.
    Era in Texas e sarà al centro di un film con Raoul Bova. Si riapre così la questione del trattamento riservato al nostri prigionieri da inglesi, francesi e americani. Che infierirono, come i tedeschi e i sovietici, soprattutto con quanti non vollero "collaborare" dopo l'8 settembre.
    Nonostante il titolo non sarà una soap opera. Il film che il giovane regista Giorgio Serafini sta girando si chiamerà Texas. Una scelta non particolarmente indicativa, di pura segnalazione. Almeno, però, tutti capiranno dove si svolge la storia. Se il titolo scelto fosse stato il più corretto Hereford, si sarebbe capito ancora meno di quello che l'operazione vuole riportare a galla. Niente a che vedere con Dallas, niente intrighi e pozzi di petrolio sotto il torrido sole texano. In compenso i Gei Ar abbonderanno, sia per la naturale vocazione alla carognaggine sia per la nazionalità. Esagerazioni? Non proprio. Alla storia il dualismo bene-male non è mai piaciuto. Chi si scontra con il Male non è detto che per forza debba rappresentare il Bene. E sempre stato così. La seconda guerra mondiale non ha fatto eccezione.
    E proprio la seconda guerra mondiale ha fatto da prologo e da scenario alla storia di Hereford che ben presto vedremo in Texas. Hereford è un nome che dice qualcosa ai cinquemila italiani che, dopo l'8 settembre 1943, ci hanno vissuto, male come in un lager o in un gulag, alle loro famiglie e a quei pochi che hanno letto i libri scritti da quelli che erano i "non cooperatori", gli abitanti dei "Fascist Kriminal Camp".
    Il vizietto di maltrattare i prigionieri di guerra non è certo una scoperta recente né una esclusività (soprattutto per quello che riguarda i prigionieri italiani) di tedeschi e sovietici. Inglesi, francesi e statunitensi maltrattarono i prigionieri di guerra in proporzioni e in modi che rimangono per lo più ignorati sia dalla grande opinione, sia dai libri di storia scritti per le scuole.
    Eppure si è trattato di una tragedia che coinvolse migliaia e migliaia di famiglie di soldati italiani che spesso, al loro rientro in patria, dovettero fare i conti con commissioni di epurazione e di verifica del loro comportamento. Infatti, non avendo accettato di collaborare con gli Alleati, che fino a poco prima erano stati i loro nemici, molti prigionieri di guerra italiani vennero iscritti d'ufficio nella categoria dei "fascisti". 
    Un'etichetta scomoda nell'Italia del secondo dopoguerra.
    Molti di loro (spesso si trattava di fascisti, ma in molti casi l'ideologia non pesò sulla scelta di non cooperare) hanno raccontato la loro esperienza in libri come Prigionieri nel Texas di Tumiati (Mursia), Fascist Kriminal Camp di Pegolotti (Mondadori), Fascist Camps di Baghino (C. E. N.), e Fascist's Criminal Camp scritto da Roberto Mieville, uno dei fondatori del Msi, subito dopo la fine della guerra. «Chi ha scritto questo racconto ricorda i camerati assassinati dal detentore dei campi d'Africa e d'America nella lunga prigionia» scriveva Mieville. E concludeva incitando tutti i reduci a fare come lui, a lasciare una testimonianza di quello che era loro capitato: « ... affinché rimanga documentato che la brutalità e la bestialità non erano patrimonio esclusivo dei detentori tedeschi».
    Alcuni hanno raccolto l'invito di Mieville e hanno scritto, altri, come Armando Boscolo hanno accettato di collaborare con Serafini che, prima di mettere in cantiere Texas, aveva già realizzato il documentario Le mura di sabbia, intervistando prigionieri e guardiani di Hereford. Un documentario che ha avuto un certo successo negli Stati Uniti e nessuna eco in Italia.
    Dove del resto non è neanche arrivata la mostra che giusto due anni fa, a New York, mise in luce un altro aspetto dell'atteggiamento persecutorio del governo di Washington nei confronti dei suoi cittadini di origine italiana. Atteggiamento sostenuto oltretutto da una confusione ed una schizofrenia burocratica che molti pensano di esclusivo appannaggio italiano. Furono circa 600 mila gli italo-americani (e la stessa sorte toccò anche a quanti erano di origine giapponese, gli unici ad aver ottenuto con cinquant'anni di ritardo scuse e risarcimenti, o tedesca) inquadrati in un regime speciale per tutta la durata della guerra: coprifuoco dalle otto di sera alle sei del mattino, limitazioni agli spostamenti superiori alle cinque miglia (poco più di otto chilometri), in alcuni casi (migliaia) arrestati e deportati in vari campi di prigionia in California e nel Montana. A 734 italiani residenti a Londra andò anche peggio: caricati nel luglio 1940 sul piroscafo Arandora diretto in Canada vennero affondati da un sottomarino tedesco poche ore dopo la partenza. In una specie di riedizione minimale del Titanic, molti morirono (almeno in 500) per la mancanza di scialuppe e di giubbotti di salvataggio.
    Chi si salvò finì, con altre migliaia e migliaia di connazionali (compresi non pochi ebrei), in campi di concentramento in Australia e Canada. E per loro le violenze e i soprusi non furono molto diversi da quelli riservati agli italiani in divisa. In attesa che qualche altro film racconti anche queste storie di civili travolti da una guerra lontana, le luci della ribalta toccano ai militari, soprattutto a quelli di Hereford, un campo non unico, ma a cui il destino ha evidentemente riservato il difficile ruolo di "simbolo". Un “simbolo" per il popolo che l'abitava: i "non cooperatori", quanti cioè non accettaronodi aderire alle "Italian Service Units", formazioni con cui gli alleati tentarono di riorganizzare il grosso dei prigionieri di guerra italiani dopo il ribaltamento delle alleanze, l'8 settembre 1943. Chi non accettò di aderire se la passò male a Hereford, ma anche in tanti altri posti, dislocati ai quattro angoli della terra e uniti solo dal fatto di essere lontanissimi dalla patria e situati in luoghi climaticamente ostili: India, Kenia, Stati Uniti, Rhodesia e Sudafrica, Algeria, Marocco, deserto sahariano. Nel dopoguerra tutto questo ebbe una succursale italiana nel campo di Coltano (allestito in una tenuta agricola presso Pisa) dove trovarono "ospitalità" oltre 30 mila prigionieri di guerra, per lo più reduci della Rsi. Si trattava di posti "frequentati" da vip: a Hereford furono rinchiusi gli scrittori Giuseppe Berto, Dante Troisi e il pittore Alberto Burri; a Coltano passò lunghi mesi anche l'insospettabile Walter Chiari.
    Ma tra Coltano e Hereford, dai campi australiani o dell'India fino a quelli africani, le differenze erano di latitudine e di clima, non certo di trattamento, che spesso violava palesemente le convenzioni internazionali. I racconti dei testimoni sono concordi nel ricordare le uccisioni, i maltrattamenti, le vessazioni, le pressioni psicologiche e fisiche per indurre a firmare il foglio d'adesione alle "Italian Service Units". Spesso non c'erano baracche per ripararsi e il rancio subiva sostanziose variazioni, al ribasso, ogniqualvolta i responsabili del campo decidevano che dovevano ottenere qualcosa.
    Anni fa fece molto rumore il libro di uno storico canadese, James Bacque (Gli altri lager, Mursia), che documentò, forse con qualche esagerazione statistica, la terribile sorte di centinaia di migliaia di soldati tedeschi fatti prigionieri alla fine della guerra e sistematicamente decimati nei campi di concentramento alleati. Che certi comportamenti siano stati molto diffusi, quindi, non è una novità. Ma per affermarlo in Italia, dove la corporazione degli storici è ossessionata dal revisionismo e da tutto quello che possa mettere in discussione la guerra partigiana e i valori della resistenza, bisogna affidarsi ai registi.
 
 
600 mila prigionieri in venti Paesi
 
IN MANO AMERICANA:
negli Stati uniti    51000
in Italia            19000
nell’Africa del nord  9651
in Francia e Germania   43000
totale      122651
 
IN MANO FRANCESE:
nell’Africa del Nord  37300
in Corsica      7l3
nell Africa equatoriale  29227
in Francia       292227
totale               359467
 
IN MANO INGLESE:
in Inghilterra       158029
in medio Oriente           70001
nell’Africa Meridionale      40794
nel l’Africa Orientale      53149
nell’Africa Occidentale       1566
nell’India                33302
Nell’Australia                17657
nel Canada. Giamaica e Aden   139
Nella Rhodesia          4471
a Malta       726
a Gibilterra      541
nell’Africa del nord  Nord 11506
in Italia     20000
totale        411881
 
 
totale generale          602086
 
 
LO STATO N. 18. 5 Maggio 1998.

LE RAZIONI GIORNALIERE AD HEREFORD Una testimonianza da ricordare
 
 
    Fazioso e bastian contrario come sempre, Indro Montanelli - al tempo in cui pareva ancora credibile - zittiva chi faceva presente che gli americani non erano stati poi così teneri con i prigionieri di guerra italiani "i nostri, laggiù - diceva - sono stati in villeggiatura!”. Temeva che qualcuno prendesse questo pretesto per parlare male degli USA perché allora Montanelli non s’era ancora recato alla "festa dell’Unità" a raccogliere gli applausi dei “compagni". Ora, indipendemente da altri soprusi patiti dai nostri in USA, ecco un documento che testimonia gli abusi americani che letteralmente affamando i nostri prigionieri hanno provocato loro seri guai alla salute e addirittura per qualcuno conseguenze mortali causate da tubercolosi. 
    Il documento cui ci riferiamo è il rapporto, redatto in data 17 agosto 1945, dal maggiore medico prof. Luigi Cabitto, sanitario del Compound 4 del Campo di Hereford (Texas), e dal gen. Nazzareno Scattaglia, intermediario dello stesso Campo, inviato il 25 dello stesso mese all'Ambasciatore d'ltalia a Washington, Alberto Tarchiani, e per conoscenza alla Delegazione americana della Croce Rossa Internazionale. 
    Nella mia qualità di sanitario di questo Compound è mio dovere riferire alla S. V. la scarsa alimentazione dei prigionieri e sui pericoli che ne possono derivare, affinché la S.V. nella sua qualità di Fiduciario rivolga adeguato reclamo alle Autorità competenti. 
    In linea generale, tutti indistintamente i prigionieri del Compound  4 sono diminuiti notevolmente di peso, diminuzione che varia da 15 a 5 chilogrammi per persona. E' da ritenere che tale diminuzione sia, quale media, di 10 chilogrammi.
    La scarsità e quasi assenza totale dei grassi (un grammo di olio ed una decina di grammi al giorno di strutto per persona) rende difficoltata la funzione intestinale. 
    Le stitichezze sono molto frequenti ed ostinate, ed il ristagno di feci nell'intestino causa l'assorbimento di sostanze tossiche del tipo delle ptomaine, e conseguenti fatti di intossicazione. 
    Le funzioni cardiache sono in molti prigionieri assai precarie (toni prolungati - toni ottusi - soffi anemici - tachicardie parossistiche - frequenti svenimenti - fatti di astenia) tanto che se sopravvenisse qualche malattia endemica od epidemica anche non di grave entità, potrebbe esservi insufficienza di resistenza organica da dare una mortalità notevole.
    Non pochi prigionieri di età giovanile presentano disturbi polmonari che, se fino ad oggi non possono classificarsi quali specifici, devono tuttavia ritenersi del tipo “pretubercolare". 
    E non si tratta qui di predisposizione “congenita" o da vecchia data "acquisita" ma di una predisposizione specificatamente determinata da una protratta denutrizione, e quindi da una diminuzione generale di resistenza dell'organismo a qualsiasi genere di malattia, a qualsiasi tipo di bacillo e specialmente al bacillo di Koch per la sua diffusione e per la sua caratteristica resistenza quando si trovi in un organismo, è uno dei bacilli che più facilmente possono determinare una situazione nettamente patologica. 
    Né è possibile tentare con opportuni medicamenti di migliorare le situazioni organiche, poiché all'infermeria del Compound vengono assegnate settimanalmente di medicine adatte contro queste forme di malattia, solo sei fiale di gluconato di calcio per quasi 900 prigionieri del Campo 4. La scarsità e la monotonia di viveri causano anche numerosi disturbi a tipo neuritico che potrebbero, almeno parzialmente, venire curati con vitamina B1. Ma anche questo medicamento viene assegnato all'infermeria in scarsissima quantità. 
    In altri tempi era concesso comperare alla "cantina" del campo preparati vitaminici; ora tale concessione venne abolita.
    Ho presentato diversi "predisposti" all'ufficiale medico dell'ospedale americano perché almeno a costoro venisse assegnato un vitto migliore, ma mi fu risposto che nulla si poteva fare in loro favore. 
    II colonnello americano Comandante del Campo avrebbe dichiarato che, secondo gli ordini ricevuti da Washington, dovrebbero venire assegnati ai prigionieri non lavoratori viveri di almeno 2.500 caIorie quotidiane. 
    Un tenente colonnello che il giorno 15 agosto 1945 ispezionò il nostro campo, mi confermò questo nostro diritto, diritto del resto che la nostra Patria paga in moneta sonante. 
    Ora, questa cifra di 2.500 calorie è stata in due mesi e mezzo solo rare volte raggiunta, mentre spesso si scese anche a 1.500 - 1.600 calorie. 
    Dalle cifre da me dedotte a seconda della tabella di Messini (Trattato di terapia clinica - U.T.E.T. 1942) basata su ricerche del Messini stesso e di altri autori, quali Mottazzi - Pugliese - Rondoni - Greppi - Zoia - Atwater and Woods - W. Noorden - Koering, la media delle calorie giornaliere assegnateci nel mese di giugno 1945 è di 2.142,33; mentre quella di luglio è di 2.096. 
    Senza tenere conto che una parte delle verdure (cavoli-patate) è spesso guasta e deve venire quindi gettata, e che ciò che ci viene somministrato quale carne consiste in ossa sapientemente spolpate (estrema parte del piede di maiale - colonna vertebrale) che non possono assolutamente più dare che pochissime calorie quando le si faccia bollire a lungo. II loro contenuto di albumine e di grassi è quindi minimo e praticamente trascurabile. 
    Per maggiore precisione, allego una tabella dei viveri assegnati nella prima quindicina di agosto 1945, la cui media è di calorie 2.107,2 giornaliere. 
    E' pertanto evidente che la media va continuamente abbassandosi, ed è altrettanto evidente che il Comando americano del Campo ci sottrae abusivamente una non piccola quantità di viveri. 
    Ora, se si considera con i più quotati Autori che per un ammalato degente continuamente a letto sono necessarie da 1.700 a 1.800 calorie quotidiane, è facile dedurre che continuando con questa grave scarsità di viveri, si avranno gravi depauperamenti organici, tali da portare a conseguenze spesso irreparabili e talvolta anche letali. 
    Inoltre, i prigionieri del campo devono provvedere alla confezione dei viveri, alla lavatura biancheria, alla pulizia degli alloggiamenti, per cui il loro consumo di calorie va elevandosi -e non di poco - al di sopra delle 2.000 calorie. 
    La Convenzione di Ginevra raccomanda che i prigionieri vengano messi in condizioni di coltivare gli sports. Ora, per questa estrema restrizione di viveri, ogni sport venne abolito, si che il Comando americano stesso ha ritenuto inutile tenere ancora aperto il campo sportivo. 
    Ritengo che - anche per la elevata altitudine del campo - il consumo minimo per persona salga a 2.300 grandi calorie al giorno adeguatamente divise nel necessario fabbisogno di carboidrati, albumine, grassi. 
    Ora, finché l'organismo ha in sé delle riserve, si avranno solo dei dimagramenti senza conseguenze, ma, finite le riserve, avrà inizio un'autodigestione che colpirà il fegato, i muscoli, il cuore ed infine anche il cervello. 
    Si avranno allora i segni caratteristici della cachessia da fame, con tutte le sue gravissime conseguenze. 
    Noi siamo giunti ora a questo punto, come è dimostrato dalle frequenti neuriti gastro-intestinali, dalle comuni vertigini, dagli svenimenti, dai disturbi intellettuali che - sinora - si rivelano con gravi debolezze della memoria ed eccessiva difficoltà ad apprendere. 
    E' pertanto mio preciso dovere insistere presso la S.V. perché nella Sua qualità di "fiduciario" del campo n° 4, faccia conoscere la situazione di questi italiani agli Alti Comandi Americani, all'Ambasciatore d'ltalia, alla Croce Rossa Internazionale, al Nunzio Apostolico, facendo rilevare come fra breve tempo non sarebbe più facile ricorrere ai ripari, ma si restituirebbero alla Patria degli individui tarati e non più idonei al duro lavoro di ricostruzione che ci attende. 
    Che le condizioni di vita di questo Campo n° 4 siano gravemente insufficienti, è comprovato dal fatto, constatato dal sig. Colonnello americano che procedette all'ispezione del 15 agosto, che le mense delle compagnie somministrano come cibo perfino le bucce di patate confezionate a mo' di frittata, e dal fatto che molti ufficiali tra cui per citare il nome, il conte Foscari, si cibano di grilli e cavallette che fanno friggere nell'olio minerale che la "cantina" vende quale "brillantina" per capelli.
    Hereford, Texas, 17 agosto 1945. 
    II Sanitario del Compound Luigi Cabitto Professore dottore maggiore medico.
 
 
VOLONTA’ N. 5. Maggio 1995. (Indirizzo e telefono: vedi PERIODICI)

DOMUS